La Bassa Baronia, priva di una struttura portuale turistica adeguata, ma non certo di scenari meravigliosi e irripetibili, è il regno di un grosso predatore ricercato da tutti gli appassionati di pesca sportiva: il dentice.
Il golfo di Orosei, posizionato lungo la costa centro orientale della Sardegna, si estende da Capo Comino, limite settentrionale, fino a Capo Monte Santo, limite meridionale. Prende il nome dall’omonima cittadina, situata al centro dell’esteso golfo, e si caratterizza per una natura ancora per lunghi tratti incontaminata, con spiagge bellissime, meta dei numerosi vacanzieri estivi. Morfologicamente possiamo dividere il golfo in due macro aree, molto diverse tra loro. La parte settentrionale, da Capo Comino fino al confine del territorio di Orosei, è caratterizzata da una costa prevalentemente bassa sul mare, con lunghi arenili circondati da estese pinete. La parte meridionale, partendo dal territorio di Dorgali, per finire a Capo Monte Santo, invece si caratterizza per una costa alta a picco sul mare, con gli imponenti bastioni calcarei del Supramonte a protezione di piccole calette, difficilmente accessibili da terra, che hanno reso per anni questo angolo di paradiso per lungo tempo incontaminato ultima dimora della foca monaca. Il profilo sottomarino, ovvero ciò che più ci interessa per la pesca, segue la fisionomia della costa, avendo di fatto nella zona settentrionale estesi fondali sabbiosi a lento digrado, e la parte meridionale, all’opposto, caratterizzata da fondali scoscesi e profondi canyon sottomarini già a poca distanza dalla costa. La zona di Orosei, su cui maggiormente focalizzo le mie uscite, presenta un fondale prevalentemente sabbioso-fangoso, a digrado piuttosto lento. Poche le secche importanti e con notevoli dislivelli batimetrici, pertanto la ricerca degli spot di pesca dovrà concentrarsi su cigliate, pianori, lastroni o sassi isolati. La ricerca di questi spot è probabilmente ciò che più mi affascina del mondo della pesca in barca, poiché, pur non avendo la pretesa di calare le lenze in posti vergini, trovare degli spot a me nuovi e calarci le canne per la prima volta, crea aspettative e entusiasmo impagabili. Peraltro, come già accennato, avendo una conformazione del fondale piuttosto omogenea, ed evitando di pescare sulle secche più importanti, maggiormente conosciute e frequentate dagli appassionati, la ricerca si concentra su sassi isolati, lastroni o pianori, che si sollevano dal fondale circostante a volte solo di uno due metri, principalmente su fondali che vanno dai 30 ai 60 metri circa. Uno strumento affidabile diventa quindi fondamentale per rilevare piccole strutture che potrebbero altrimenti passare inosservate, rivelandosi invece ricche di pesce e grosse sorprese, principalmente dentici, preda principale delle uscite a pesca.
Praticando principalmente la traina col vivo, la ricerca dell’esca è parte fondamentale delle uscite a pesca. Pertanto merita la giusta importanza e dedizione anche in termini di tempo, al fine di ottimizzare con l’esperienza la sua ricerca nelle più svariate condizioni. Una buona battuta di pesca a traina col vivo inizia con una buona riuscita della ricerca delle esche, soprattutto non avendo quasi mai la possibilità di procurare l’esca dal giorno prima. In questi ultimi anni ho piacevolmente notato una maggior presenza di calamari. Molti diranno, meglio cosi, calamaro e dentice è un binomio perfetto. Sicuramente non lo nego, in certe giornate avere innescato un bel calamaro può veramente fare la differenza, ma sgombri, alacce e sugarelli, mi hanno regalato alcuni tra i dentici più grossi. Inoltre non vengono attaccati da tanute, pagelli e altri pesci di disturbo, presenti in modo massiccio, e pertanto, li considero complementari all’innesco di un bel calamaro. Concentro la ricerca delle esche su fondali prevalentemente fangosi a ridosso di secche e cigliate, su batimetriche che variano dai 30 ai 50 metri, con le classiche tecniche del tataki e sabiki. Solitamente da fine luglio in poi si registra una buona presenza di calamari, anche se con le alte temperature dell’acqua, difficilmente riusciremo a farli resistere a lungo in vasca. Non è un problema, un calamaro morto ma freschissimo non viene mai disdegnato da un dentice. Inoltre, nel periodo estivo si potrebbe concentrare la pescata nelle primissime ore della mattina, con un clima ancora fresco e soprattutto con dentici maggiormente attivi rispetto alle apatiche e caldissime giornate estive. Pertanto pochissime esche sono più che sufficienti per sperare di avere un bello strike e tornare a casa a festeggiare con una birra fresca. Da settembre in poi, con il clima più fresco e con l’avvicinarsi di un periodo maggiormente interessante per la traina col vivo al dentice, do più importanza ad avere una vasca del vivo abbondante e variegata, per poter anche modificare l’assetto e le presentazioni in pesca. Infatti, tralasciando l’attrezzattura come canne, mulinelli delle più svariate marche e libraggi, do molta importanza alla realizzazione dei miei terminali. Al trecciato che proviene dal nostro mulinello sono solito collegare un preterminale in nylon molto morbido dello 0,60. Raramente scendo sotto questo diametro, nonostante sia innegabile che alleggerire il sistema oltre che sportivo consenta una presentazione migliore e più naturale. Ma spesso alla ricerca dei dentici è capitato di imbattersi in cernie e soprattutto tonni, e con diametri più sottili spesso diventa veramente difficile averla vinta. Il nylon viene collegato con un classico nodo pr knot realizzato con uno bobbin knotter, a cui lascio un’asola per collegare il piombo guardiano. Merita la giusta attenzione la lunghezza del preterminale. Soprattutto nel periodo estivo, col progressivo riscaldarsi dell’acqua, il classico preterminale da dentice, tendenzialmente piuttosto corto ha dimostrato a volte alcuni limiti. Infatti mi è spesso capitato di avere attacchi di dentici con esche trainate a mezz’acqua o anche in fascia più superficiale, ed un preterminale lungo, anche 25 30 metri, ha effettivamente dimostrato di fare la differenza, affiancato ad un piombo guardiano abbastanza leggero. In questo modo si ottiene una presentazione piuttosto svolazzante, in teoria più idonea a predatori come ricciole o tonni, ma con le temperature dell’acqua elevate e dentici molto apatici che stazionano a ridosso del termoclino, ha consentito di avere degli attacchi in giornate particolarmente difficili.
Con l’arrivo dell’autunno ed il progressivo abbassarsi delle temperature, riduco gradualmente la lunghezza del preterminale, portandola fino a 10 12 metri a seconda delle circostanze e della batimetrica di pesca, effettuando una azione di traina più mirata sugli spot prescelti. Al termine del preterminale, una classica ottima girella per scaricare le torsioni precede il terminale da 2-2,5 metri in fluorcarbon, solitamente dello 0,60 circa. Principalmente porto con me due tipi di terminale, semplici ma funzionali, che utilizzo a seconda delle esigenze. Solitamente innesco pesce azzurro e calamari di buone dimensioni con un terminale a due ami fissi, fissando l’amo trainante in base alla dimensione dell’esca disponibile. Questo dà notevoli vantaggi nel caso di ferrata con l’amo trainante, che se scorrevole, costituisce un punto debole del sistema trainante.
L’amo ferrante verrà fissato con un nodo del tubicino, che mi consente un’ottima tenuta ed una buona mobilità, mentre l’amo trainante con un nodo senza nodo, di facile realizzazione anche mentre si è in mare. La seconda montatura, quella scorrevole, tendo a utilizzarla nei periodi in cui la preda principale diventa quasi esclusivamente il dentice, soprattutto innescando calamari o seppie, con un paio di accortezze per limitare i danni nel caso di cattura sull’amo trainante. Fisso l’amo trainante con del filo elastico da cucito, molto morbido e resistente, a cui segue una perlina morbida prima dell’amo ferrante. In questo caso l’amo ferrante sarà sempre a occhiello piegato e verrà legato con un nodo snelling, che mi consente di evitare qualsiasi contatto con il nodo in caso di scorrimento dell’amo trainante. Gli aspetti da analizzare nella traina al dentice sarebbero molteplici, correnti sottomarine, velocità e direzione di traina, per citarne alcuni tra i tanti.
Ma con un’ottima fase di ricerca e conoscenza della zona di pesca, che ci consente anche di riuscire ad avere in vasca del vivo esche importanti nelle più svariate condizioni e periodi dell’anno, e realizzando con cura pochi terminali di cui abbiamo estrema fiducia, si ha una ottima base di partenza per poter uscire in mare e sperare di catturare il predatore simbolo della traina col vivo in Sardegna.
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