Pescare sul fondo con l’esca viva non è una novità, visti i racconti dei vecchi pescatori. Oggi, questa tecnica, sta riscuotendo un rinnovato successo, facilitato anche dall’uso di strumentazioni elettroniche a bordo.
Un bravo trainista col vivo, oltre che un ottimo conoscitore dei propri spot, è anche un buon lettore dell’acqua: interpreta situazioni di foraggio, corrente e vento, e mette in atto una strategia tale per cui la sua esca viva, innescata, oppure le sue esche, passino esattamente dove lui crede possa esserci un pesce in caccia. E si adopera perché risultino il più naturali e credibili possibile, così da scaturire l’attacco della preda per fame o per territorialità. Fattori come lunghezza e diametro del terminale, grandezza e pesantezza degli ami e lettura della corrente per decidere quale sia la passata vincente, passano per un attimo in secondo luogo nella tecnica del bolentino col vivo. Infatti, la strategia vincente, nella maggioranza dei casi, è la ricerca di un attacco non più “di fame”ottenuto con l’astuzia, bensì un attacco di reazione, cattiveria, territorialità e soprattutto competizione alimentare. Per avere un successo costante e duraturo con questa tecnica, ancor più che essere dei perfezionisti e strateghi, bisogna conoscere molto bene i fondali, avere diversi punti da sondare durante la pescata, muoversi molto e, come in tutte le pesche, seguire e adattarsi alla stagionalità delle prede che si intende insidiare. È una tecnica, infatti, praticabile tutto l’anno, ma ottiene i massimi risultati nei mesi freddi invernali, su batimetriche medio-alte (50-130m). A differenza del vertical jigging, che ha risentito di un forte calo di praticanti e di catture dopo il suo arrivo, causa memoria genetica dei pesci, il bolentino col vivo ha origini vecchie e, a parer mio, manterrà a lungo la sua efficacia.
Set up
Amici e grandi pescatori italiani quali Sandro Onofaro e Riccardo Fanelli mi raccontano che ancor prima dell’avvento del vertical jigging, in Italia già avevano provato la tecnica del bolentino col vivo, con successo, sui dentici corazzieri (Sandro) e sui dentici e pagri (Riccardo). Il bolentino col vivo infatti gli permetteva di mantenere l’esca su spot piccoli e ben precisi, dove sapevano di trovare predatori di fondo, pescando con la minor quantità possibile di filo in acqua, cosi da poter forzare il pesce a galla non appena ferrato, e ridurre al minimo le rotture sul fondo soprattutto su superfici particolarmente rocciose, affilate e ricche di relitti. Questa tecnica, oggi come allora, può essere interpretata in 3 modi diversi.
Bolentino con piombo guardiano
È l’unica delle tre che consente l’innesco di pesce esca quali sugherello, bo-ga e alaccia, ed è particolarmente indicata, oltre che per tutti i predatori di fondo, per i ricercatissimi sanpietro, che prediligono addentare un pesce piuttosto che un dolce e tenero cefalopode. Il terminale risulta di media lunghezza e distante dal piombo 2-5 metri.
“Si usano per lo più piombi con foro passante scorrevoli, e il terminale, ultracorto (10-30 cm la distanza piombo-esca) è costruito su un filo trecciato di libraggio importante (100-150 lb).”.
Bolentino con pallina
Questo set up è il mio preferito. Si usano per lo più piombi con foro passante scorrevoli, e il terminale, ultracorto (10-30 cm la distanza piombo-esca) è costruito su un filo trecciato di libraggio importante (100-150 lb). Questa tecnica può essere effettuata anche utilizzando esche artificiali come piombo, quali inchiku e metal jig.
Rock it
È il bolentino con esca viva, innescata direttamente sul piombo. Quest’ultimo, in questo caso, svolge la funzione di “testa piombata”. La vitalità dell’esca e la sua mobilità, sono limitate, tuttavia la combo esca viva - esca artificiale, riscuote attacchi di territorialità soprattutto da parte di predatori di fondo quali cernie, pagri, dentici e scorfani. Sulle tre interpretazioni sopra elencate, vige una regola generale che le accomuna: è sempre bene utilizzare il minor piombo possibile per stare in pesca. Più il movimento della nostra imbarcazione, dettato dalla risultante tra vento e corrente, è veloce, più la tecnica del terminale più lungo è efficace; per le altre due invece, è bene che le lenze siano il più verticale possibile e perpendicolari al fondo, per sviluppare la loro massima efficacia.
La canna
Le canne utilizzate sono solitamente fusti da jigging, nelle lunghezze comprese tra i 190 e i 240 cm, con vette morbide per lavorare bene i piombi (80-300 g) e schiene potenti per le ferrate e i combattimenti con prede potenzialmente grandi e combattive.
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