L'apnea, per definizione, è l'assenza dell’atto respiratorio o una pausa di esso per un determinato lasso di tempo. Durante l'apnea viene interrotta la respirazione, ma ovviamente non lo scambio gassoso; si ha quindi una progressiva riduzione della concentrazione di ossigeno nell'aria contenuta negli alveoli e di conseguenza nel sangue. Se la concentrazione dell’ossigeno cala sotto un certo livello (circa il 10% nell'aria alveolare), non è più sufficiente per garantire il funzionamento del metabolismo. L'ipossia, cioè la carenza di ossigeno, potrà determinare la perdita di coscienza (sincope) e, in mancanza di intervento immediato, potrà portare a gravi danni cerebrali sino alla morte. Per studiare al meglio la fisiologia dell’apnea la scienza si è concentrata sugli indiscussi campioni in questa disciplina: i mammiferi marini.
Nel corso dell’evoluzione questi sorprendenti animali hanno affinato le tecniche della vita subacquea andando anche oltre i limiti fisiologici. Una di queste, tra le più sorprendenti e affascinanti, riguarda la vittoria sulla pressione, che è direttamente proporzionale alla profondità, e al relativo schiacciamento corporeo. Per ovviare a questo problema, che porterebbe, in linea teorica, ad uno schiacciamento della cassa toracica sempre maggiore sino al collasso della stessa, si è osservato un particolare adattamento fisico noto come “Blood shift”. Blood shift significa letteralmente “spostamento del sangue”.
Per capire chiaramente questo fenomeno si deve partire dal principio fisico basilare che i liquidi, al contrario dei gas, sono incomprimibili. Quindi l’aria presente nei polmoni, con l’aumento della profondità subisce effettivamente una compressione, cosa che invece non subisce il sangue in quanto liquido. Sfruttando questo principio il sangue, durante l’apnea in profondità, subisce proprio uno “spostamento” dalle aree periferiche verso il torace. Arrivato nei polmoni il sangue impedisce uno schiacciamento eccessivo della cassa toracica proprio grazie alla sua incomprimibilità. La cavità destra del cuore che serve per inviare il sangue ai polmoni subisce una notevole dilatazione, mentre la cavità di sinistra, al quale è affidata la spinta del sangue verso il resto dell’organismo, si riduce.
Nei muscoli, a causa della diminuzione del flusso sanguigno, l’attività viene svolta in una situazione assolutamente sfavorevole dato che si avrà una crescente carenza di ossigeno e un aumento di anidride carbonica e quindi acido lattico. Per cui l’allenamento con presenza di acido lattico è senz’altro in grado di elevare le soglie di resistenza.
"Un’altra azione da evitare assolutamente è la respirazione tramite autorespiratore Ara dopo essere scesi in apnea. Mai utilizzare una bombola per prendere aria durante l’apnea."
Inoltre, durante l’immersione in apnea o anche al solo contatto con l’elemento liquido, il nostro fisico subisce ulteriori importanti adattamenti. A causa della temperatura dell’acqua inferiore a quella del corpo si generano tre reazioni principali; per primo il corpo umano cerca di ridurre la dispersione di calore generando una vasocostrizione nelle zone periferiche dei vasi sanguigni superficiali. Così facendo, viene limitato il raffreddamento del sangue e di tutto l’organismo. Altro fenomeno è la bradicardia riflessa, ovvero l’abbassamento del battito cardiaco, dovuta alla semplice immersione in acqua. Ciò avviene prevalentemente a causa del contatto dell’acqua fredda col viso. Dalle brevi e semplificate considerazioni sopra esposte, si deduce che: non si deve mai scendere in apnea in condizioni di espirazione massima perché il sangue che verrebbe richiamato nei polmoni sarebbe troppo e causerebbe un arresto cardiaco. Un’altra azione da evitare assolutamente è la respirazione tramite autorespiratore Ara dopo essere scesi in apnea. Mai utilizzare una bombola per prendere aria durante l’apnea. Infatti, in questo caso e in fase di emersione, si espanderebbero improvvisamente i polmoni e non si consentirebbe un graduale ritorno del sangue nel grande circolo. Anche questo è causa di arresto cardiaco. Un grande impulso allo studio della fisiologia dell’apnea e ai relativi effetti sul corpo umano lo diede il campione siciliano Enzo Majorca. Fino agli anni sessanta, infatti, i medici erano convinti che l’uomo non potesse scendere oltre la quota -50 metri a causa dell’elevata compressione della cassa toracica e dei polmoni, ignorando il fenomeno del Blood shift sopra descritto. Quando Enzo Majorca nell’agosto del 1962, in apnea e assetto variabile raggiunse la profondità di -51 metri, tutto il mondo medico-scientifico capì che le convinzioni consolidate sino al tempo erano errate e si iniziò uno studio più accurato che, ancora oggi, non trova tutte le risposte.
“Quando Enzo Majorca nell’agosto del 1962, in apnea e assetto variabile raggiunse la profondità di -51 metri, tutto il mondo medico-scientifico capì che le convinzioni consolidate sino al tempo erano errate”.
Enzo Majorca
Vincenzo Maiorca, noto Enzo, nacque a Siracusa il 21 giugno 1931. Imparò a nuotare a 4 anni e presto cominciò ad andare sott'acqua, anche se, secondo una sua stessa confessione, conservò sempre una gran paura del mare. Un giorno un amico medico gli mostrò un articolo di giornale in cui si parlava di un nuovo record di profondità a -41 metri strappato a Raimondo Bucher da Ennio Falco e Alberto Novelli, campioni di caccia subacquea. Era l'estate del 1956 e Maiorca rimase fortemente suggestionato dalla notizia di quell'impresa. Dopo una breve riflessione, decise di entrare in competizione con quei grandi nelle immersioni in apnea e si impegnò per divenire l'uomo capace di scendere più in profondità negli abissi marini. Nel 1960 coronò il suo sogno toccando -45 metri e battendo il brasiliano Amerigo Santarelli, il quale, nel settembre dello stesso anno, si riappropriò del titolo raggiungendo i -46 metri; il primato durò poco perché già in novembre Maiorca raggiunse i -49 metri. Il 22 settembre 1974, nelle acque antistanti Sorrento, Maiorca tentò di stabilire un nuovo record mondiale di immersione in apnea alla quota di 90 metri; per la prima volta nella storia della Rai un simile evento fu teletrasmesso in diretta. Dopo lunghi preparativi, Maiorca finalmente incominciò la discesa lungo il cavo d'acciaio andando a sbattere a neanche venti metri di profondità contro Enzo Bottesini, esperto di immersioni e istruttore subacqueo e inviato della Rai per l'occasione. Riemerso infuriato, si lasciò andare a una sequela di imprecazioni piuttosto forti, molte delle quali furono chiaramente udibili dal pubblico televisivo prima che la regia riuscisse a intervenire disattivando il collegamento audio. Tra queste anche due bestemmie che gli costarono l'interdizione dalla televisione per due anni. Una settimana dopo Maiorca ripeté il tentativo riducendo l'obiettivo a 87 metri. Questa volta riuscì a battere il record pur avendo accusato una sincope nella parte finale dell'impresa. Nel 1988 abbandonò definitivamente il mondo delle competizioni in apnea. Enzo Maiorca morì nella sua Siracusa il 13 novembre 2016.
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