Aspettando il 2020
Siamo al giro di boa. Il 21 di questo mese arriva la primavera e si spera in tutti i sensi. Di certo sarà la svolta per i pescatori ricreativi, finalmente in condizioni di riprendere la barca e qualche pesce, anche da terra e sott’acqua. Meglio ancora dovrebbe andare tra qualche tempo, esattamente dal 2014. Infatti, il Parlamento europeo ha definitivamente bocciato, a larga maggioranza (anche per la mobilitazione della società civile), il sistema della pesca intensiva che nel Mediterraneo interessa oltre l’80% degli stock ittici. Inoltre tale pratica è responsabile dei rigetti a mare di un quarto del pescato totale, perché, quest’ultimo, è costituito da specie non desiderate o da animali di taglia troppo piccola. La gestione razionale della risorsa, porterebbe nel 2020, 15 milioni di pesce in più e 37 mila nuovi posti di lavoro. Nel frattempo gli amministratori locali avranno raccolto dati sufficienti per supportare, con effettiva credibilità scientifica, i futuri piani pluriennali all’insegna di una pesca davvero sostenible. Sebbene questa riforma della Politica Comune della Pesca sia tardiva, viene accolta con grande entusiasmo, e per quanto ci riguarda, a meno di soccombere dietro interessi di classe, potrebbe rappresentare un punto fermo su cui costruire una nuova immagine del pescatore dilettante. La UE riconoscendo gli sbagli del passato, potrebbe, se sollecitata dai paesi membri, riconoscere anche il giusto valore socio-economico della pesca ricreativa e sportiva (in Italia: 15.000 addetti e 350 milioni di volume d’affari, escluso la cantieristica) e finalmente attivare opportune procedure per promuoverla e sostenerla.
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