Ancora sulla licenza di pesca...
Ci risiamo, dopo il tentativo in Sardegna di qualche anno fa e la conseguente sollevazione popolare contro la paventata licenza di pescain mare per la pesca ricreativa, è il turno della Liguria. L’assessore regionale all’Agricoltura, Giovanni Barbagallo, è infatti promotore di una proposta di legge (sul sito Apr però la danno già abortita) che, mascherata dalla volontà di tutelare la categoria dei pescatori ricreativi, intende istituire una nuova “classificazione” e alcune norme, tipo registrazione degli attrezzi e taglio della coda in barca dei pesci pescati. A parte la reazione a pelle che proprio non fa pensare al nostro bene, infastidisce l’iniziativa di Barbagallo perché, chiaramente sponsorizzata e suggerita dagli interessi della pesca commerciale. Il problema (vergognoso) è sempre lo stesso: si lamenta una concorrenza sleale da parte degli sportivi perché parte del loro pescato andrebbe, evidentemente contro legge, venduto. Dovendo ragionare sul tema, che in valori assoluti a me sembra proprio insignificante, emerge il persistente tentativo di far passare la pesca ricreativa come la madre della pesca illegale. Che guardino a casa loro e si preoccupino, in tema di tutela, dei danni che il loro mestiere arreca all’ambiente e quindi a tutto il popolo italiano, mediterraneo e mondiale. E se volessero confrontarsi con gli indifesi ricreativi, riflettano prima sul valore economico mediamente attribuito, anche da una recente analisi nordeuropea, a un chilo di pesce pescato per diletto: 300,00 euro. Tanto, messo a fuoco già da tempo negli Stati Uniti, è la ragione per cui, dal Maine al Texas e in tutta la West coast, per stare in mare, la pesca ricreativa è incentivata e tutelata e non vessata, come ciecamente rischia di essere qui in Italia ad ogni risveglio col mal di testa del politico di turno.
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