4° Master Fisher
Il mondo dell'agonismo va in una direzione, ma siamo proprio sicuri che sia quella giusta? Da anni sembra diventare sempre maggiore la differenza tra le gare di surfcasting a picchetto e quelle a campo libero. Si fa sempre più largo tra i pescatori la “filosofia” secondo la quale le manifestazioni a picchetto fisso siano più “sportive”. Si motiva tale affermazione con il fatto che le gare a picchetto permettono di confrontarsi tutti sulla stessa spiaggia, fianco a fianco. E ciò dovrebbe essere garanzia di maggior regolarità. In più, le prove valide per i campionati regionali, nazionale e mondiali, si svolgono tutte a picchetto. Ciò ha relegato le manifestazioni a campo libero a prove di serie B e, nell'ambiente, queste vengono additate come di dubbia validità. Il tutto è amplificato dall'impossibilità di osservare tutti i concorrenti nello stesso spot, ognuno “disperso” in una delle tante spiagge che le prove a campo libero permettono di raggiungere. È vero che questo ragionamento non è del tutto astruso ma, personalmente, ritengo che stiamo lentamente, sen- za quasi accorgercene, perdendo di vista il vero scopo delle gare di pe-sca. Sottolineo “di pesca”, perché la direzione che stiamo imboccando ci porta ad un progressivo ma inesorabile abbandono del vero obiettivo di questa specialità, il pesce appunto. Da una parte la gara a picchetto costringe l'agonista ad adattarsi a condizioni del campo gara spesso sfa- vorevoli per una proficua azione di pesca. Questo porta al classico raschiamento del barile con il prelievo di esemplari di poco pregio (vale tut-ta la minutaglia...), il tutto rafforzato, nelle competizioni ufficiali, dall'assurdità di voler applicare il catch and release su microcatture che una vol-ta restituite al mare non sopravvivono. Sempre più spesso, nelle gare a picchetto, si assiste ad estenuanti pesature, con misurini sempre più piccoli, bilance da farmacista e classifiche dettate dal bonus preda. Ma le prede dove sono?
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